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VITA DEGLI ANIMALI - UCCELLI - CANTATORI

CULBIANCO ABBRUNATO o MONACHELLA NERA (Oenanthe leucura)

Rispetto alle precedenti, questa specie si distingue per avere becco più lungo, più largo alla base, più robusto verso l'apice e dotato di un uncino ben ricurvo, nonché per le ali lunghe ed aguzze. Il Culbianco Abbrunato è un uccello piuttosto grosso, della lunghezza di circa diciotto centimetri, con una apertura alare che sfiora i trenta e le singole ali di quasi sette centimetri. Il suo piumaggio è generalmente nero-cupo, con l'eccezione delle penne remiganti che sono cinerine alla base e della coda, bianchissima, meno il margine estremo e le penne copritrici che riprendono il colore fondamentale. Le femmine assomigliano ai compagni, ma le parti scure del loro abito, anziché nere, sono bruno-fuliggine; i piccini, simili ai genitori, hanno colori assai meno vivaci. Il Culbianco Abbrunato vive soprattutto in Ispagna, e si trova anche in alcune zone dell'Italia, nella Grecia e nell'Africa di Nord-Ovest. I luoghi che preferisce sono quelli montani e caratterizzati da un aspetto nudo e selvaggio. Sui monti della Spagna, ben raramente ravvivati dai boschi verdeggianti e dai freschi prati, magnifici nonostante lo squallore e la solitudine che li caratterizzano, è possibile individuare con la maggior precisione quelli che sono i luoghi favoriti del nostro uccello. Fra i massi sorgono verdi oleandri e bassi virgulti, e sulle cime si vedono volteggiare gli avvoltoi e le aquile, apparentemente l'unica presenza animale in quella solitudine infinita. Entro questo scenario si sentono ad un tratto echeggiare liete note che attraggono l'attenzione del viandante: è il maschio del Culbianco Abbrunato che canta la sua allegra canzone. La scena si anima, chi ama e comprende la vita degli animali è invaso da piacevole emozione, ed arrampicandosi fra i dirupi, cerca sovente di impadronirsi del vivace uccelletto: ma questo e assai più lesto del suo inseguitore, che non può far altro che osservare da vicino i suoi movimenti. Tra i dirupi più selvaggi e inaccessibili questo Culbianco si dimostra pieno di vivacità e di intelligenza: il maschio assume spesso gli atteggiamenti più grotteschi, saltellando sulle pietre, inerpicandosi per le pendici verticali, chinando il capo e volgendosi da ogni parte con le ali e la coda allargate. A tratti va a riposare su qualche cespuglio o sulle rocce ed i massi sporgenti, ma la sua natura è così irrequieta che parlare di un vero e proprio riposo è per esso abbastanza improprio; non solo si muove entro l'ambiente naturale, ma scende pure a visitare le piccole borgate delle valli, dimostrandosi assolutamente fiducioso nei confronti dell'uomo. Cerca il suo alimento tra gli insetti, coleotteri, mosche e farfalle, ed è soprattutto divertente assistere a queste cacce quando siano condotte dall'intera famiglia: è tutto un premersi, un pigiarsi, un affaccendarsi intorno ai genitori che hanno fatto bottino, e in queste occasioni anche le ali diventano per i piccoli uno strumento utile per aprirsi un varco nella ressa. Verso la fine di aprile o addirittura nei primi giorni di maggio le coppie si dedicano alla costruzione del nido: vi pongono una grande cura, scegliendo gli spacchi vuoti delle pareti rocciose ed intessendo nel loro interno steli e radici rivestiti nella cavità con pelo di capra, e vi depongono quattro o cinque uova che sul fondo verde-azzurrognolo sono cosparse di piccole macchie violette e rossastre. I genitori si occupano dei piccoli fino al termine della muta, che avviene dal luglio al settembre; dopo di che la famiglia si scioglie e ciascun individuo va in cerca di nuove compagnie.

CODIROSSONE (Monticola saxatilis)

Con la specie che descriviamo appresso, il Codirossone è tra gli uccelli più grandi della sua famiglia, caratterizzato inoltre da una corporatura svelta, becco forte e lungo, con la mascella superiore leggermente ripiegata sull'inferiore, piedi robusti e di media altezza, ala lunga e coda breve. Le sue misure vanno dai venti centimetri della lunghezza complessiva, circa sette dei quali fanno parte della coda, ai dieci delle singole ali ed ai trentacinque dell'apertura alare; e quanto al piumaggio, molto elegante, vi si distinguono il grigio azzurro della testa, della parte anteriore del collo, della nuca e del groppone; il bianco sfumato d'azzurro del dorso; il rosso ruggine dell'addome e delle timoniere laterali ed il grigio scuro di quelle centrali, che ripetono il colore delle remiganti. Le femmine si distinguono per avere le parti superiori bruno-scure segnate da macchie chiare, la parte anteriore del collo bianca e l'addome rosso ruggine con le singole penne marginate di scuro, mentre l'abito dei piccoli è interamente macchiettato. Gli occhi sono rossastri, il becco nero ed il piede grigio-rossiccio. Verso la fine di aprile il Codirossone parte dall'Africa settentrionale, nella quale ha trascorso il periodo più freddo dell'anno, e si dirige verso le alte catene dell'Europa meridionale, soprattutto quelle della Grecia e dell'Italia, che costituiscono le sue regioni d'origine, la sua patria. Lo si trova anche nidificante in certe zone della Germania, ma molto più di rado; e sceglie sempre, per dimorare, le valli sparse di sassi e di vecchi alberi piuttosto che le zone deserte e segnate soltanto dalla presenza di ignude pareti rocciose. Abbastanza simile al codirosso nell'indole e nei costumi, è un uccello cauto, intelligente e vivacissimo. Per tutto il giorno non sembra trovare mai un attimo di pace, è sempre intento a percorrere il distretto che s'è scelto, ora correndo agilmente sul terreno, ora volando con leggerezza ed eleganza; ed in questi movimenti è sempre guidato, naturalmente, oltre che dall'istintivo bisogno di sfogare la propria smania di attività, dalla necessità di procurarsi il cibo, cercato sul terreno oppure in volo tra gli insetti d'ogni specie, cui solo durante l'autunno sostituisce varie qualità di bacche. Il suo canto è eccellente e si compone di suoni pieni, armoniosi e modulati, che ricordano quelli del codirosso. Al suo rientro dalle sedi invernali, il Codirossone si dispone alla riproduzione. Il maschio canta instancabilmente, saltella in posizione eretta tenendo allargate le ali e la coda, e compie le evoluzioni ed i movimenti più curiosi con l'unico fine, evidentemente, di far colpo sulla compagna che intende scegliersi. Una volta formate, le coppie procedono alla costruzione del nido, nascondendolo accuratamente negli spacchi meno accessibili delle rocce, tra i mucchi di sassi, le radici degli alberi o i fitti cespugli; esso è composto di radici e rametti, piccole schegge di legno, foglie e muschio, il tutto disordinatamente ammucchiato e confuso; solo la conca interna è tappezzata più accuratamente di analoghe sostanze vegetali. Il numero delle uova varia da quattro a sei, ed il loro colore è uniformemente verde-azzurro: entrambi i genitori provvedono a curare e ad allevare i piccoli, e soprattutto il maschio si occupa di difenderli da tutte le possibili insidie. Per la sua abilità di cantore, il Codirossone è molto ricercato come uccello da gabbia e si adatta facilmente alla nuova condizione, dimostrandosi molto affettuoso nei riguardi del padrone. Possiede inoltre un alto grado di capacità imitativa, ed è perciò possibile insegnargli a ripetere i suoni della voce degli altri animali. Singolare è poi la circostanza che spesso esso venga preso, senza alcuna ragione apparente, da frementi accessi di furore, durante i quali va saltando senza tregua all'interno del suo carcere, trascurando completamente il cibo. Di solito queste smanie si verificano nel periodo in cui i compagni liberi intraprendono la migrazione, e scompaiono così come sono apparse, senza lasciare alcuna traccia.

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PASSERO SOLITARIO (Monticola solitarius)

Strutturalmente uguale al codirossone, il Passero Solitario lo supera alquanto nelle misure, poiché arriva in lunghezza ai ventitré centimetri, ne ha oltre trentacinque di apertura alare, tredici di ala e otto di coda. Il piumaggio del maschio è azzurro-ardesia uniforme, con le penne remiganti e timoniere oscure e marginate di azzurro. Nelle femmine prevale il grigio-azzurro, la gola è macchiettata di rossiccio, il resto delle parti inferiori è segnato da macchie brune a forma di mezzaluna e con i margini delle penne bianco-brunicci; i piccoli sono simili alla madre, con la differenza che le loro macchie hanno forma di goccia e dànno costantemente nel bruno. Il becco ed i piedi del Passero Solitario sono neri, ed il suo occhio è bruno. La patria di questa specie di uccelli comprende tutta l'Europa meridionale, l'Africa del nord ed una gran parte dell'Asia centrale. Durante l'inverno essi compaiono regolarmente anche in India, ma non li si può considerare veramente come migratori, poiché nell'Europa meridionale si trattengono nel corso di tutto l'anno scegliendo al massimo, quando la temperatura diviene particolarmente rigida, le zone ben esposte al sole. Vicini per abitudini e portamento ai codirossoni, i passeri solitari se ne distaccano per la più spiccata predilezione per le pareti rocciose e le anguste valli montane prive di vegetazione; evitano i boschi e visitano invece con una certa regolarità i luoghi abitati, divertendosi a svolazzare sulle case, sui bastioni e sui comignoli. Nonostante questa abitudine, meritano veramente l'appellativo di solitari, in quanto vivono unicamente per sé soli, schivando tutti gli altri uccelli e non affezionandosi agli uomini, dai quali anzi mantengono sempre una assoluta indipendenza. Neppure con i loro simili vivono in amicizia, e le stesse coppie e famiglie si affrettano a sciogliersi non appena si è concluso il ciclo riproduttivo. Il Passero Solitario ha tuttavia le sue buone qualità: è vivace, allegro, amante del movimento ed instancabile anche se non eccezionale cantore. E' più lesto ed agile delle altre sassicole tanto nella corsa che nel volo, ed il suo canto mescola le voci di parecchie altre specie in un insieme confuso e abbastanza sgradevole. Le evoluzioni amorose del Passero Solitario ricordano quelle del codirossone: il maschio assume un atteggiamento verticale, si gonfia fino ad apparire grosso e rotondo come una palla, china il capo e vibra la coda verso l'alto. Il suo nido, collocato negli spacchi, sui campanili, sulle torri e su altri edifici posti sulle alture, è di grande mole ma costruito senza abilita: esternamente si compone di erbe e steli di aria grossezza, e la cavità è rivestita di fibre ripiegate e contorte. All'inizio di maggio vi si trovano di solito quattro uova di colore azzurro-verdiccio, macchiate o meno di violetto e di rosso. E' molto difficile catturare esemplari adulti di questa specie, protetta dal carattere solitario e diffidente: quelli che si vedono in gabbia sono quasi sempre giovani sottratti al nido ed abituati alla vita di prigionia attraverso cure prolungate ed attente. Oltre che dall'uomo e dalle sue insidie, questi uccelli devono guardarsi da varie specie di rapaci che, malgrado la loro agilità e la loro prudenza, riescono spesso a ghermirli.

TANNOLEA (Thamnolaea albiscapulata)

Si distingue dai culbianchi e dai passeri solitari per il becco più breve e più curvo, le ali non altrettanto acute, la coda piuttosto lunga e tondeggiante ed i piedi più corti. Lunga circa venti centimetri, ne ha ventitré di apertura alare, più di sette di coda e circa undici per ciascuna ala. Il piumaggio dei maschi è nero-azzurro sul capo, sul collo, sul petto, sul dorso, sulle ali, sulla coda e sulle gambe, rosso-ruggine sul ventre e sulla parte inferiore del petto, divisa quest'ultima, dalla superiore nera, da una fascia candida; bianche sono pure le piccole copritrici delle ali, mentre quelle della coda sono rosso-ruggine con margini terminali neri. Le femmine ed i giovani si distinguono per la mancanza della macchia bianca sull'ala e della fascia pettorale. La Tannolea vive sui monti dell'Abissinia, in coppie che solo raramente si riuniscono assieme e percorrono di norma in tutti i sensi un territorio abbastanza esteso. Esse si possono incontrare tanto sulle pareti rocciose come sui massi isolati, sugli alberi come sul terreno: di indole mite e pacifica, si comportano secondo consuetudini che stanno a metà tra quelle dei codirossoni e quelle dei tordi. Sono uccelli molto irrequieti, lesti nella corsa ed abili nel volo e nei movimenti tra i rami, e nel canto ricordano da vicino la canzone limpida ed allegra del culbianco abbrunato. Il loro cibo è quello tipico di tutte le sassicole, composto cioè prevalentemente di insetti e, in caso di necessità, anche di bacche. Senza essere del tutto timidi, mancano però di quella confidenza che è caratteristica degli altri uccelli abissini, e non è perciò facile impadronirsi di loro.

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TORDI

I Tordi costituiscono una numerosa famiglia diffusa in tutto il mondo, ed i cui membri si somigliano molto nelle forme e nei costumi: essi sono tra i più grossi cantatori ed alcuni raggiungono la mole di una colomba. Tutte le specie hanno forme più o meno slanciate, becco di media lunghezza, dolcemente ricurvo al culmine della mascella superiore e lievemente intaccato prima dell'apice; i piedi sono sottili e non troppo alti, le ali ridotte ma acute e la coda di media lunghezza, tronca in linea retta o leggermente tondeggiante. La struttura interna mostra tutti i principali caratteri dell'ordine cui essi appartengono, con questo di particolare, che l'omero non è pneumatico ed in genere tutto lo scheletro scarseggia di ossa cave.

Femmina di tordo siberiano

Femmina di tordo siberiano

Delle ottanta specie di Tordi distinte, si può dare una descrizione comune almeno per quasi tutti i tratti generali, poiché esse sono vicinissime sotto ogni aspetto dell'indole e dei costumi. Benché la loro diffusione sia vastissima e li porti a risiedere nelle regioni più diverse, si possono complessivamente definire come uccelli di bosco: meno esigenti dei cantori terragnoli, si accontentano però di qualsiasi macchia, perfino di quelle poste al di sopra della linea di vegetazione arborea nelle immediate vicinanze dei ghiacciai. Poche specie sono stazionarie: per lo più i Tordi si mostrano invasi da una vera e propria smania di migrare, che li porta a percorrere distanze grandissime, a volte addirittura ad attraversare metà dell'intera superficie terrestre. Non è facile spiegare quale sia la vera ragione che sta alla base di così prolungate peregrinazioni, anche se, in una certa misura al meno, essa si può ricercare nella necessità di sfuggire ai rigori del clima e di assicurarsi un determinato tipo di alimentazione: una necessità che sappiamo essere comune a tutti gli uccelli migratori. Forniti di doti molto sviluppate, i Tordi sono uccelli allegri, irrequieti ed esperti nel canto, ma anche prudenti ed accorti oltre che facilmente propensi ai reciproci litigi. I loro movimenti si avvicinano sensibilmente a quelli dei cantori terragnoli; saltano a grandi balzi sul terreno, si muovono tra i rami secondo archi di minore ampiezza e, quanto al volo, mentre appaiono pesanti ed impacciati in prossimità del suolo, viaggiano con straordinaria rapidità quando si sono portati a maggiori altezze. Qualunque fatto nuovo, qualsiasi cambiamento di circostanze eccita la loro curiosità: ma questa non si spinge fino ad attenuare l'innato senso di prudenza accoppiato ad una sensibile astuzia, per cui sono sempre in grado di distinguere il nemico dall'amico e le situazioni propizie dalle sfavorevoli. Le specie cresciute nelle silenziose e solitarie boscaglie del nord si lasciano più facilmente trarre in inganno dalle insidie dei cacciatori, ma non occorre molto tempo perché, ammaestrate dall'esperienza, si mettano in grado di corrispondere ad esse con le più accorte contromisure: del resto, è norma generale che tutti i Tordi nutrano nei confronti dell'uomo una istintiva diffidenza, anche quando abbiano l'abitudine di accostarsi alle sue abitazioni. Tra di loro sono molto socievoli, anche se, come s'è accennato, sia facilissimo l'accendersi di improvvisi e violenti litigi; i quali sono per essi quasi una necessità, ma non influenzano il bisogno che l'uno mostra di avere dell'altro, né l'abitudine a corrispondere velocemente ai reciproci richiami. Lo sviluppo sensoriale si mostra sempre ad un livello elevato ed uniforme. Primeggia tra i sensi la vista, che consente loro di scorgere a distanza i più piccoli insetti e di tenere sotto osservazione tutto il territorio sottoposto agli alberi sui quali si posano ed alle zone che percorrono in volo, ed anche l'udito ed il gusto sono molto perfezionati. La voce è, poi, tutt'altro che sgradevole: il tono delle grida di richiamo e degli altri suoni più semplici è sempre molto simile nelle diverse specie, anche se, con una certa esperienza, non è del tutto impossibile valutarne le differenze, ed il mescolarsi, il comporsi dei suoni fondamentali nella elaborata strutturazione del canto, arriva sempre a risultati altamente apprezzabili. Non si potranno forse condividere gli esagerati entusiasmi di certi naturalisti, soprattutto americani, per i quali il canto del Tordo deve essere considerato come la più alta espressione armonica del mondo degli uccelli: certo, è difficile riconoscergli una supremazia, in questo senso, per esempio nei confronti dei nostri usignuoli; ma un giudizio complessivo pienamente positivo resta, senza dubbio, più che legittimo. Caratteristico è poi il modo con cui i Tordi porgono il loro canto: mentre le altre specie lo accompagnano con movimenti più o meno intensi del corpo, il Tordo resta immobile, ed il suo verso suona lento, solenne e pacato come un canto di chiesa. Ciascuna strofa è ben compiuta, ciascun suono ben chiuso, ed entrambi si adattano perfettamente all'ampiezza ed alla maestosità del bosco, che ne risuona fin dall'inizio della primavera. Come sempre avviene, la eccitazione e la spinta reciproche hanno una grande importanza nel determinare l'assiduità del canto: appena un tordo compare sulla cima di un albero ed incomincia a cantare, tutti gli altri si affrettano a rispondergli sullo stesso ritmo. Cosciente del proprio valore e della bellezza della propria voce, ciascuno si affretta ad uscire dall'intrico del fogliame alla luce, quando intraprende la propria canzone, e si tiene bene in vista sulle cime più elevate. I Tordi si nutrono di insetti, vermi e lumache di diverse specie, ed a questa alimentazione aggiungono, d'autunno e d'inverno, varie qualità di bacche. Di solito raccolgono il cibo sul terreno e vi si trattengono perciò giornalmente per diverse ore: molto raro è viceversa che cerchino di catturare in volo le loro prede preferite. La tendenza a cibarsi di bacche in determinate stagioni dell'anno, ed il fatto che ciascuna specie mostri una particolare predilezione per certe specie di esse, induce spesso l'uomo a raccogliere delle bacche ed a servirsene come esca per tendere i suoi tranelli, diretti alla cattura di questi uccelli. La riproduzione avviene generalmente subito dopo che i gruppi sono rientrati dalle migrazioni invernali. Si osserva di solito il persistere delle abitudini alla vita associata anche durante il periodo degli amori, e solo alcune specie si separano in coppie, che si mostrano gelose, del territorio scelto per nidificare. E' quasi sempre la femmina ad occuparsi dell'incubazione, sostituita soltanto nelle ore meridiane dal compagno, il cui compito principale consiste nel tenerle compagnia, distrarla e procurarle il cibo; di conserva i due dedicano, invece, le loro cure all'allevamento ed alla protezione dei figli, che amano teneramente e difendono, per quanto possono, da ogni pericolo. Il loro spirito di conservazione arriva a spingerli ad aggredire violentemente anche i nemici più pericolosi, naturalmente con esito alterno e rispondente alle effettive proporzioni della loro forza; e quand'essi si accorgono di non poter competere sotto questo aspetto con l'eventuale aggressore, non di rado sopperiscono con l'astuzia, tentando variamente di distrarre l'attenzione dell'assalitore e di trarlo in inganno. La cova dura intorno ai quindici-sedici giorni, ed i piccoli vengono poi alimentati abbondantemente soprattutto di insetti: precocissimi, non impiegano molto a crescere ed a rendersi del tutto indipendenti e, quando arrivano a questo traguardo, i genitori li lasciano tranquillamente a sé stessi, in attesa di intraprendere in loro compagnia il viaggio di migrazione invernale. Tutte le specie che si trovano nidificanti nelle regioni settentrionali e centrali d'Europa, si spostano, con il sopraggiungere del freddo, verso il meridione, tenendosi per lo più entro i confini del nostro Continente e, solo in qualche caso, spingendosi fino al settentrione dell'Africa. A questa regola fa eccezione unicamente il Merlo, che anche nel corso dell'inverno non abbandona i suoi abituali luoghi di residenza. La migrazione si verifica per grossi e numerosi stuoli, che spesso si adunano già nel nord, prima di partire; durante il volo può accadere che le masse si dividano in piccoli branchi, che tuttavia si mantengono sempre in vista gli uni degli altri. Questo è il periodo - naturalmente assieme con la primavera, epoca del ritorno degli stormi - in cui l'uomo sfoga in modo particolare la sua tendenza a dare una caccia spietata a questi uccelli, mettendo a profitto tutte le armi più perfette e micidiali, tutte le insidie e tutti i tranelli più raffinati. Naturalmente, questa instancabile opera di distruzione trae motivo dalla bontà delle carni del Tordo, ben apprezzate da tutti i cacciatori; tuttavia non c'è dubbio che essa finisce per ottenere risultati del tutto negativi, per essere diretta non solo contro un piacevolissimo vicino dell'uomo, ma anche contro un suo assiduo collaboratore nella fatica tesa a liberare i campi e le messi dagli insetti nocivi. Né è meno da biasimare chi, senza il rispetto di precise norme, si diletti a catturare individui piccoli e grandi per tenerli in schiavitù: il Tordo non è uccello da gabbia, a meno che non lo si tenga all'aperto ed in grandi uccelliere, fornendogli in abbondanza un cibo adatto. A queste condizioni è possibile apprezzare più da vicino la sua indole di amabile compagno e godere delle sue precoci e indefesse qualità canore.

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